mercoledì 25 gennaio 2012

Crescita, ora palla al parlamento

di Paolo Vesce

Eccoci arrivati alla fase 2: si parte col decreto sulle liberalizzazioni, o “crescItalia”, se preferite. Decretone, decretino, o decreto sbagliato ed ingiusto? Tanti e in vari settori i provvedimenti, molti dei quali condivisibili, nella speranza che diano una boccata d’ossigeno all’economia e possano essere un primo passo verso un mercato con meno balzelli ormai incomprensibili e più conveniente per il cittadino-consumatore.
Non tutto è giusto, però, e molto non è stato fatto.
Di sicuro dal risultato delle otto ore di Consiglio dei Ministri di venerdì scorso emerge chiaramente il diverso peso che le diverse categorie (o lobby, che non è una parolaccia) hanno nel nostro Paese. Se penso ad una categoria che ne esce massacrata, mi vengono in mente i piccoli commercianti, che già non se la passavano benissimo, direi.
In un Paese in cui oramai anche in cittadine di poche migliaia di abitanti dominano il mercato i grandi centri commerciali (dietro ai quali alle volte si nascondono fondi neri, investitori non proprio limpidi e mazzette), la liberalizzazione degli orari di apertura e dei saldi finirà inevitabilmente per avvantaggiare ancor di più la grande distribuzione, a scapito delle piccole botteghe, molte delle quali già scompaiono. Insomma, per il piccolo commercio il colpo di grazia, a prova che il libero mercato senza regole non equivale a giustizia sociale.
Se penso, invece, ad una categoria solo per finta sfiorata dal decreto, questa è senza dubbio il notariato. Se qualcuno pensa davvero che aumentare il numero dei notai di 500 unità aumenti la concorrenza, si sbaglia di grosso. Una tale misura servirà soltanto a creare 500 nuovi ricchi. La vera novità sarebbe stata cominciare a svuotare la professione notarile, consentendo anche ad altri professionisti di compiere atti ora di competenza esclusiva dei notai. Ma rieccoci al discorso sul diverso peso delle categorie, quelle privilegiate ed influenti (come, per l’appunto, i notai), quelle cornute e mazziate (i piccoli commercianti).
Da registrare, inoltre, alcune retromarce clamorose che hanno deluso le attese, come quella sui farmaci di fascia C, rimasti in vendita esclusivamente nelle farmacie.
Vi sono, poi, provvedimenti che in teoria sono giusti, ma che risultano ad un’analisi più attente impraticabili. Si pensi ai preventivi obbligatori da presentare ai clienti, che difficilmente alcuni professionisti potranno attuare. Qualcuno spieghi agli avvocati, per esempio, come calcolare i preventivi di spesa per il cliente prima dell’inizio delle cause: come si fa, infatti, a prevedere l’andamento di un processo neanche iniziato? Inoltre, sempre riguardo alle spese di giustizia, anche l’abolizione delle tariffe minime rischia di essere un’illusione per il cittadino, se poi continuano ad aumentare, quasi annualmente ormai, le spese di diritti e contributi unificati.
Ora la palla passa al Parlamento. I partiti che sostengono il Governo faranno qualche proposta, magari per migliorare il testo proprio sui punti che più destano perplessità? O accetteranno tutto passivamente, come a dicembre, quando si votò una manovra lacrime e sangue di cui dubito che condividessero tutto? O, peggio ancora, modificheranno in peggio il decreto, svuotandolo di ciò che di buono c’è? Futuro e Libertà abbia il coraggio di adottare la prima soluzione, faccia la sua parte, non rinunciando mai a far sentire la propria voce, lasciando al solo Casini il noioso canto dell’ “Ave o Monti”.

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