mercoledì 25 gennaio 2012

I preparativi di Cuba per l'arrivo del Papa

di Paolo Vesce

A poche settimane dalla visita di Benedetto XVI, all’Havana si registra l’ennesima morte in carcere di un dissidente politico. Wilman Villar Mendoza, 31 anni, era in sciopero della fame dal 25 novembre scorso per protestare contro una condanna a quattro anni di carcere. “Disobbedienza, resistenza e attentato”, la formula tipica di accusa con cui il regime di Raul Castro (e prima di Fidel) da sempre mette a tacere gli oppositori politici, il tutto con un processo-farsa a porte chiuse che dura al massimo un paio d’ore ed in cui è difficile ipotizzare il rispetto delle regole del contraddittorio. Fatale fu a Villar Mendoza la partecipazione ad una manifestazione di piazza contro il regime a Santiago, in occasione della quale fu arrestato e messo in isolamento in una cella del carcere di Aguadores, che i dissidenti paragonano ad un campo di sterminio, per le pessime condizioni in cui verserebbero i detenuti.
Il regime, da copione, sostiene si trattasse di un delinquente comune, incarcerato per una vecchia denuncia sporta in seguito ad una lite familiare. Difficile credere ad una tale versione, visto che la denuncia in questione era stata ritirata molto tempo prima dell’arresto e che la stessa moglie di Villar, i cui diritti le autorità cubane affermano di aver difeso, oggi grida disperata: “Lo hanno ammazzato!”.
In un Paese in cui molti speravano che la repressione politica potesse finalmente diminuire, soprattutto dopo la morte di Orlando Zapata Tamayo (anche questa per sciopero della fame in carcere), che due anni fa commosse e indignò l’opinione pubblica mondiale, un caso del genere non può che inquietare, e preoccupa che nel solo dicembre 2011 sia tornato altissimo il numero di “detenzioni temporanee arbitrarie” per ragioni politiche, circa 800!
Se questo è il biglietto da visita, il viaggio del Papa, in programma tra due mesi a Cuba, rappresenta l’occasione per un doveroso messaggio per il rispetto dei diritti umani, proprio in uno Stato in cui vengono ancora così clamorosamente violati.

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