martedì 20 dicembre 2011

E l’equità?

di Paolo Vesce

Il decreto "salva-Italia" viene approvato alla Camera con 402 sì, ben 154 voti favorevoli in meno rispetto al consenso quasi plebiscitario che il Governo aveva ottenuto alla sua prima uscita. Molte le assenze, 130, segno evidente che il sostegno dei partiti a questo Governo non è poi così convinto, anche se in questo momento conviene un po’ a tutti, checché ne dicano i vari leader sul grande spirito di responsabilità nazionale. Manovra all’insegna dell’equità, si dice. Ma c’è davvero questa equità? Proviamo, allora, a fare un bilancio delle misure approvate alla Camera ed in attesa del via libera definitivo del Senato. 

Bene, tutto sommato, il capitolo sulle pensioni: il prolungamento dell’età pensionabile, in un Paese con un altissimo debito pubblico ed una spesa previdenziale composta per quasi il 70% di pensioni, è doloroso ma forse non era più rinviabile. Abolite le quote d’anzianità: si uscirà dal lavoro solo con 41 anni e 1 mese di contributi per le donne e 42 anni e 1 mese per gli uomini (a proposito, non sarebbe stata meglio una totale parificazione?). Sistema contributivo per tutti ed indicizzazione del 100% per le pensioni sotto i 1400 euro.
Fisco: viene cancellata una delle poche misure socialmente giuste del precedente Governo, ossia l’abolizione dell’Ici sulla prima casa. La nuova Imu sulle prime case sarà al 4 per mille (con detrazione fino a 600 euro se si hanno figli), quella sugli altri immobili sarà al 7,6 per mille. A proposito: non doveva pagarla anche la Chiesa anche per tutti gli immobili da cui trae profitti (e non più soltanto per una piccolissima parte di questi)? Norma saltata per l’ennesima volta, vergogna tutta italiana. A questa imposta si aggiungono la tassa sui depositi bancari, l’aumento delle addizionali Irpef regionali, tassa sui beni di lusso, aumento delle accise sui carburanti e rincaro Iva di due punti percentuali da settembre 2012. Insomma, fatta eccezione per quella sui beni di lusso, si tratta di imposte e tasse che pagheranno tutti, abbienti e non abbienti, coloro che hanno sempre pagato. E gli evasori? Pagheranno? Sulla strada della lotta all’evasione la riduzione da 2500 a 1000 euro del limite per i pagamenti in contanti e rafforzamento delle norme che permettono al Fisco di controllare i conti bancari, misure che si aggiungono alla sovrattassa imposta a chi ha aderito allo scudo fiscale, provvedimento questo sì giusto proprio sul piano dell’equità.
I pochi sgravi concessi dalla manovra sono stati a favore delle imprese: possibilità di scontare dall’Ires la quota di Irap riferita al costo del lavoro, incentivi alla ricapitalizzazione delle imprese, bonus per chi investe in nuove aziende e per la ricerca. Per far ripartire la crescita, però, occorre una riforma del mercato del lavoro che valorizzi il merito, che faccia costare meno il lavoro alle imprese e che permetta magari di superare l’insopportabile discriminazione tra coloro che, assunti in tempi "di vacche grasse", hanno un posto di lavoro ipergarantito e ben retribuito e coloro (soprattutto giovani) che, a parità di livello, solo perchè viceversa assunti in tempi di "vacche magre", hanno contratti a tempo e guadagnano anche di meno.
Di quel che c’era nella prima versione della manovra è rimasto poco: niente apertura del mercato delle farmacie, dei taxi, né degli ordini professionali. Tutto rimandato, a sentire il premier, all’anno prossimo. Tocca sperare che le varie lobby di riferimento non l’abbiano vinta per l’ennesima volta. Di certo le liberalizzazioni (intendiamoci quelle vere, che permettano un più facile ingresso nel mondo del lavoro e al contempo consentano al cittadino-utente una scelta più vasta, con servizi migliori e a prezzi più bassi) potrebbero dare una salutare boccata d’ossigeno ad un’economia appiattita. Nulla di fatto, per ora.
Infine, i tagli ai costi della politica e della macchina pubblica. Anche qui tutto rimandato, o quasi. Degno di nota solo l’accorpamento degli enti previdenziali (scompaiono Inpdap ed Enpals e le relative funzioni sono attribuite all’Inps). L’abolizione delle Province è rimandata al 2013. Il principio che era stato affermato, secondo il quale nessuno nella P.A. può guadagnare più del Primo Presidente della Corte di Cassazione (310.000 euro, si poteva anche fare di più) è stato puntualmente negato. L’ultima versione della norma prevede, infatti, la possibilità di concedere "deroghe motivate per le posizioni apicali delle rispettive amministrazioni". Proprio una bella farsa, non c’è che dire. Rimandata anche la soppressione degli enti pubblici inutili, quelli creati al solo fine di permettere ai politici di "piazzare" le proprie clientele elettorali e gli amici di amici. Per non parlare delle società partecipate di Comuni, Province e Regioni. Arriverebbero ad essere ottomila (almeno uno per Comune!). Sono tutte necessarie queste partecipazioni? Sicuramente lo sono per la politica stessa (quella con la p minuscola), visto che ognuna di queste società ha un cda formato, molto spesso, da ex assessori o ex consiglieri. Anche su questo fronte, quindi, si è fatto poco o niente.
Da questo Governo aspettiamo di vedere qualcosa di più nei prossimi mesi. Per fare un bilancio di equità.

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