venerdì 7 settembre 2012

Accorpamento provincia di Benevento: “QUESTIONE DI PALAZZO”

di Paolo Vesce

Leggendo i giornali locali in questi giorni, anzi in questi mesi, si assiste, nelle pagine dedicate alla politica, ad un coro di critiche, da parte di parlamentari, presidente della provincia, consiglieri provinciali sanniti al decreto sulla c.d. “spending review”, che individua i criteri per un taglio che dovrebbe portare al tramonto e al conseguente accorpamento di ben 64 province su 107, a cui si aggiungono le 10 destinate ad essere sostituite dalle città metropolitane entro il 1 gennaio 2014. I nuovi enti provinciali avranno competenza soltanto in materia di viabilità e trasporto pubblico locale ed in materia di ambiente, soprattutto per quanto riguarda la gestione dei rifiuti, venendo privati, quindi, di molte delle competenze che le province hanno fino ad oggi avuto “in concorrenza” con regioni e comuni. Il tutto assecondando un’esigenza, oggi più che mai attuale e impellente, di razionalizzazione della spesa pubblica. Tra le province che dovrebbero essere accorpate c’è anche quella di Benevento, che non risponde ai criteri individuati dal Governo, secondo i quali si salveranno solo quelle province che hanno almeno 350 mila abitanti e che si estendono su una superficie territoriale non inferiore ai 2.500 chilometri quadrati. La provincia di Benevento, così, potrebbe essere accorpata a quella di Avellino, con la nascita di un’unica provincia del Sannio e dell’Irpinia. Apriti cielo: ecco i politici locali di tutti i partiti (ma non del
nostro) risvegliarsi da un lungo torpore (verrebbe da chiedersi, tra l’altro, dove fossero fino ad oggi) ed insorgere gridando allo scandalo e facendo a gara sui giornali, ormai quotidianamente, a chi più vuole tutelare gli interessi dei cittadini sanniti e preservare l’identità del Sannio, ergendosi a paladini della difesa del territorio, che mai permetterebbero un tale scempio. E allora ecco che i nostri paladini neo-campanilisti, invece di cercare la migliore soluzione per amministrare al meglio il territorio, alla luce del provvedimento varato dal Governo e del nuovo volto che le province dovrebbero avere, preferiscono fare pressing su Caldoro e Sommese affinché la Regione dia parere al Governo di mantenere tutte le attuali province campane così come sono (!), in un muro contro muro che non serve proprio a nessuno, se non a loro stessi, per una grande propaganda che cerchi di convincere l’opinione pubblica che lo scopo di questa irriducibile resistenza è quello di tutelare al meglio gli interessi dei cittadini. Altrimenti, annunciano, ricorso al Tar, e anche alla Corte Costituzionale, per non farci mancare niente. La questione, così malamente impostata, sta monopolizzando ormai da mesi il dibattito politico locale. Ebbene, proviamo a chiederci: cosa ne pensa il cittadino comune, quello della strada? Cosa gliene importa dell’accorpamento delle province al lavoratore cassintegrato, al giovane disoccupato, al piccolo imprenditore che chiude l’azienda oppresso dalla crisi e dalla pressione fiscale più alta al mondo e magari da crediti insoluti nei confronti dello Stato? La risposta è tanto semplice quanto immediata: una mazza. Non è che, allora, tutto questo fracasso è dovuto al rischio, corso dalla valorosa classe politica nostrana, di avere a disposizione meno poltrone da occupare e forse, con meno uffici ed enti, meno opportunità di esercitare quel potere clientelare che da anni la tiene a galla? Saremo maliziosi noi, ma certo è che, per come viene affrontata, questa sembra tanto la solita questione di palazzo, cara solo ad una classe politica lontana anni luce dai problemi quotidiani delle persone. Vogliamo una politica diversa, che innanzitutto parli il linguaggio della verità.

Nessun commento:

Posta un commento